Daniele Nalin


Contattaci per informazioni sull’artista e sulle opere >

Dal 1968 al ‘70 lavora come scenografo teatrale al Teatro Sao Carlos di Lisbona con Alfredo Furiga. Dal ‘70 al ‘76 prosegue quest’attività nelle città di Milano e Verona. Ha esposto in numerose mostre personali in Italia e all’estero. Sue opere si trovano in importanti collezioni europee e americane. Ironia, polemica sociale, intimità violate, sopraffazioni e violenze sono i capisaldi della ricerca di Daniele Nalin, veronese classe 1947. Un mondo fantastico, ma traumaticamente presente, ricco di allegorie e di riferimenti al mondo della fiaba che, di rimando, si trasformano in linguaggio etico di profonda istanza realista e sociale. La forza che l’opera di Nalin ci trasmette passa attraverso fondamentali esposizioni e partecipazioni alle più importanti rassegne artistiche internazionali, da Art Basel alla mostra personale a Palazzo Forti di Verona fino alle mostre a Stoccolma, Monaco di Baviera, Miami e molte altre ancora. Come ebbe a dire Alessandro S. Carone nell’opera di Nalin ci troviamo a “confronto con la testimonianza del senso dell’essere e del niente” in cui vita, morte, amore, odio, terra e cielo si confrontano, con inaudita forza, alla perdita del loro significato primordiale per tramutarsi in esordio di sintetico programma concettuale. Tutti gli elementi concorrono a tessere un racconto per immagini a cui siamo chiamati a dare un senso. Un’interpretazione soggettiva che può essere, per certi versi, paragonabile ai Rebus di Mambor: siamo noi gli attori che, attraverso le allegorie, diventiamo compartecipi dell’atto creativo portando a compimento l’operazione artistica per dare senso a ciò che appare. Ricordando il testo che Gillo Dorfles dedicò a Nalin nel 1991, questa simbologia si innesta in un tessuto di rievocazioni di antica memoria dove l’arte era chiamata a schierarsi e prendere posizione per portare il suo messaggio a tutti noi. Per molti anni il compito dell’artista è stato dimenticato e proprio Nalin, oggi, con le sue tele ricche di personaggi fantastici, ha il “coraggio di gettare dietro le spalle ogni ricordo accademico, lasciandosi guidare soltanto dall’estro d’una fantasia sbrigliata”. Figure a volte appena accennate, quasi fossero una tenera brezza mattutina che penetra con decisione nel nostro corpo. Altre volte queste figure si fanno concrete e tangibili trasformandosi in pittura plastica dove il corpo del colore è determinante veicolo per l’interpretazione del soggetto. Le opere di Nalin vanno vissute come dialogo continuo con l’umanità intera, con i suoi crimini, le sue contraddizioni, le sue ideologie che possono portare a catastrofi generazionali. Una pittura di coscienza collettiva nata dalla visione di una casa profanata dallo scoppio di una bomba in Iraq: osservando gli elicotteri di Nalin ancora sentiamo nelle orecchie la Cavalcata delle Valchirie in Apocalipse Now. Guernica di Picasso ne è stato l’esempio più lampante: un libro, più che un quadro, che ci mette di fronte alla crudeltà umana stesa pittoricamente in una tela monumentale…otto metri di morte! Operazione molto affine è quella di Daniele Nalin cinquant’anni dopo attraverso la leggerezza del gioco, l’ironia dell’effimero, lo sguardo di un bambino: le sue opere vanno vissute attraverso gli occhi, ma devono essere assaporate, masticate e, infine, digerite per averne completa percezione. È un messaggio segnico inciso sulla pelle di una tela che ricorda i graffiti dell’uomo primitivo in umide e fredde caverne portando a noi il racconto dell’esistenza.