Simone Meneghello


Scenografo e musicista Simone Meneghello porta avanti una ricerca artistica che lo porta a misurarsi incessantemente con le novità intellettuali e artistiche a lui contemporanee, pur rimanendo sempre in una posizione apparentemente appartata rispetto alle dinamiche più attuali. Con rigore e discrezione l’artista conduce la sua ricerca riconoscendo e ricercando le sue radici, poste in un mondo idealizzato e carico di suggestioni bibliografiche. Come un alchimista, Meneghello, servendosi di appunti, schizzi e fotografie, cerca di trasformare la materia primigenia, lo scritto o la fonte autoriale, in rivelazione. Sa ricercare, nell’evoluzione del suo intero percorso, una risposta alla grande questione dell’Ordine sul Caos e della loro soltanto apparente dicotomia. Le sue opere sono frammenti del corpo dell’arte, consueti nel loro apparire, contenuti, come sono, nelle antiche carte che li accolgono. Essi rendono sostanza all’immaginario, nitidi e conclusi nel loro stare mostrano come un verbo e l’atto di tracciarlo su carta possano rendere il suono di quell’arte perfetta che nasce dalla parola e trova luce nel concetto stesso di dare sostanza ad un essenza. Nello sviluppo di tale ricerca, sa rivelare con apparente spontaneità un linguaggio visivo che si orienta verso la riduzione all’estremo della figurazione artistica ottenendo con pochi segni, una radicale sintesi dei contenuti e conducendo all’estremo profilo il contenuto testuale altrimenti intriso di ridondanti suggestioni. Ciò che rimane sono figure eteree, fonemi sfuggenti in un mondo silenzioso, in un equilibrio che porta con sé una potente e irresistibile forza ascetica. Il minimalismo delle creazioni di Simone Meneghello si fonde con uno stile che potremmo definire naturalistico, nel senso della riduzione all’essenza di un corpo complesso, sono tessere di un mosaico che descrivono, in modo conciso e drastico, quei particolari minuti che restano impressi solo nel profondo inconscio della nostra mente. Frammenti di memorie che riaffiorano, luoghi dimenticati, ricordi lontani che sono restituiti con fantasia e come metafore di pensieri più complessi. Il carattere tipografico viene usato come “cifra universale” liberato dal suo scopo utilitaristico ma allo stesso tempo vincolato da un impercettibile filo lo tiene legato al suo uso primario come emblema di un presente che sembra dimenticare l’eleganza silenziosa della parola stampata ma che in realtà ne è elemento imprescindibile, per dare consistenza a un sogno, sostanza ad un estro, forma a una necessità.